INTERVISTA A DOMENCO DI MAURO
Personalità dura, per certi versi aspra, tenero nei sentimenti ma anche impulsivo di carattere, come tutte le persone forti e coerenti che rimangono ferme nello scelte di determinati valori DOMENICO DI MAURO non ha mai conosciuto via di mezzo, è stato sempre o pro o contro, senza mezzi termini. Ha amato, da sempre la pittura, che ha vissuto nella sua bottega, da dove magicamente sono uscite tante sue opere con le scene della mitologia carolingia o della cavalleria rusticana con donna Lola e Turiddu o con i personaggi classici del mito greco. Non c’è solo, però, un D. Di Mauro pittore, c’è anche se un pò in subordine, un D. Dimauro che ha praticato l’impegno politico e civile, è stato sindaco, sindacalista, consigliere comunale per tante legislature, appassionanti e tremendi certi suoi comizi di diversi anni fa quando attaccava il potere dell’epoca ed era un personaggio pubblico, l’opposizione in paese all’establishment. Personaggio poliedrico e scomodo dipinge dall’età di 12 anni, le sue opere si trovano dappertutto, perfino in Russia, con un seguito di estimatori, fedele e crescente. MA DIAMOGLI LA PAROLA, vediamo cosa dice.
MAESTRO, MI DICA QUANDO HA COMINCIATO A CAPIRE CHE LA PITTURA AVREBBE AVUTO TANTA IMPORTANZA NELLA SUA VITA?
Da ragazzo, quando ho cominciato a frequentare le botteghe dei miei maestri, mi ricordo che ero divorato dalla curiosità, cercavo di capire la tecnica delle pennellate, come dare i colori e ottenere i chiaroscuri e mi accorgevo che gli occhi erano più importanti della stessa mano e quale importanza potesse avere il disegno o la cura del dettaglio in quel insieme che alla fine sarebbe diventato un quadro o un dipinto. Nel tempo ho anche apprezzato i modi bruschi che sentivo come intemperanze di Antonio Zappalà il mio più grande maestro, perché mi sono reso conto che mi sono serviti per correggere il mio stile e migliorarlo.
MAESTRO, CHE COS’È PER LEI LA PITTURA?
E’ una specie d’invasamento che ti prende tutto, una sana malattia dello spirito che ha una strana capacità pervasiva. La pittura è un misto di realismo e di fantasia, un dono che deve essere accettato con il continuo esercizio e che non perdona l’improvvisazione e il pressappochismo, perchè il gioco delle tinte, la geometria della prospettiva puniscono senza rimedio chi le si avvicina improvvisando.
VUOLE RICORDARCI QUALCHE EPISODIO DELLA SUA VITA CHE L’HA PARTICOLARMENTE IMPRESSIONATO.
Ce ne sono tanti e per questo ne ricorderò qualcuno. Intanto voglio ricordare la mia età, ho 94 anni e ho studiato sino alla 5° elementare, per questo non ho i modi e la cultura dell’intellettuale raffinato e profondo. Desidero, però ricordare che mi è sempre piaciuta la lettura e che ancora, nonostante l’età mi piace leggere, leggo specialmente i libri che trattano delle arti figurative.
Voglio, poi, parlarti sul filo della memoria, che spero mi aiuti dell’episodio di quando venne a visitare la mia bottega il re GUSTAVO DI SVEZIA con la moglie, il suo arrivo mi fu prima annunciato da una staffetta della polizia, il capopattuglia scese dalla moto e mi disse, che da lì a poco, sarebbe venuto il re di Svezia.
Io non credendo a una notizia del genere, gli risposi che in Italia c’era la repubblica. Fatto sta che dopo alcuni minuti venne veramente il re Gustavo di Svezia che parlava la lingua italiana meglio di me.
Si fermò a lungo a guardare pannelli, tamburi, carretti e mentre scambiava le sue idee con la moglie mi fece delle domande alle quali non seppi rispondere con la dovuta accortezza. Io gli raccontai la storia di Orlando e di Angelica e le vicende della cavalleria rusticana con donna Lola e Turiddu. Mi chiese se ero un pittore “naif”, termine che non capii e per questo risposi per come potevo e per quello che sapevo. Credo che, comunque il re rimase positivamente impressionato, anche perché portò con sè tante mie cose dimostrandosi, fra l’altro, molto generoso.
Ma è con PRIMO LEVI che ho avuto, per così dire, più possibilità di esprimere me stesso, anche perché con lui ho avuto una certa frequentazione. Certo, Primo Levi, non sono io a scoprirlo, è stato un gigante nella storia della cultura del nostro paese, io nei suoi confronti sono una piccola cosa, lui la città, il mondo, io la campagna, il piccolo paese. Quando parlava lo trovavo affascinante, sapeva tutto quello che io avrei voluto sapere, s’intendeva di tutto di letteratura, d’arte, di musica, di scienza e spesso non riuscivo a seguirlo.
Una volta gli chiesi cosa trovava d’interessante nella mia bottega e in quello che facevo e lui mi rispose: “La semplicità della natura” risposta che sto ancora cercando di capire.
LEI, E’ UNA VITA CHE DIPINGE CARRETTI, PANNELLI, RUOTE, TAMBURI E HA COMMISSIONI CHE VANNO OLTRE IL 2010, RIESCE A SPIEGARSI, COME MAI QUESTO TIPO DI ARTE NON E’ SEGUITA DAI GIOVANI E VIENE COLTIVATA ORMAI DA POCHE PERSONE?
In effetti, è vero, sono pochi ormai a praticarla, lo vedo nella mia stessa bottega, non c’è quella schiera numerosa di apprendisti che io vorrei avere, purtroppo, pur essendoci nella zona l’Accademia delle Belle Arti, il Liceo Artistico, ecc…. i giovani sono attirati da altro, dai grandi pittori (i nomi sono tanti) e dal business dei mercanti dell’arte e considerano questa forma espressiva poco soddisfacente, forviati dai grandi guadagni e dal facile successo. Non si accorgono che, ai livelli eccelsi, pochi arrivano e che uno degli insegnamenti che dà la vita e quello di sapersi accontentare. Manca, poi, da parte di chi può fare un’adeguata educazione per apprezzare quest’arte povera, che è vero non dà la ricchezza, ma fa vivere in modo più che dignitoso. Un apprezzamento, comunque, desidero farlo, so che ad Aci Sant’Antonio sarà aperto un museo del carretto e di questo ringrazio la Provincia Regionale di Catania che spero lo realizzerà.
CHE CONSIGLIO SI SENTE DI DARE AI GIOVANI CHE OGGI PENSANO DI INTRAPRENDERE UN CAMMINO ARTISTICO E SCELGONO DI PRATICARE LA SUA ARTE?
Dico loro di venire, che non c’è da aspettare, di venire in tanti e non solo nella mia bottega, ma anche nelle poche botteghe che sono rimaste, devono sapere che ci sono molto committenti e di ogni tipo e che le richieste sono tante al punto che non si è in grado di soddisfarle. Non c’è artista o artigiano che non lavori, in questo campo la disoccupazione non esiste. E ovvio, che questa scelta deve essere poi accompagnata dal dovuto addestramento e dallo studio, perché l’inclinazione artistica ha bisogno di essere esercitata e coltivata, l’arte del carretto può e deve ancora vivere, ha bisogno di tanti praticanti e se tanti la praticheranno emergerà prima o poi l’ARTISTA.
Filippo Laganà